La mostra di quest’anno è partita dall’idea di fare per una volta un lavoro non
in bianco e nero.
Le Feste di Piazza, per le loro stesse caratteristiche di forti
tinte e contrasti, ben si prestavano all’uso del colore.
La festa è un momento ludico ma anche liberatorio.
La gente, in piazza, sollecitata dai suoni di tammorre
e percussioni di vario genere, incitata dagli stessi ritmi in vertiginoso crescendo,
è spinta a danzare, a muoversi, ad effettuare una specie di esorcismo
contro lo stress della vita quotidiana. Giovani ed anziani allora si lanciano in
danze ritmate e mano a mano quasi parossistiche.
L’attenzione fotografica poi
si sposta sui particolari di contorno, dal “castagnaro” che, novello Efesto,
sembra “forgiare” le castagne in uno scintillio di lapilli, al mandolinista che
esegue antiche melodie, all’improvvisata danza della gente tra le scale di
caratteristici borghi. Si torna quindi in piazza, sui palcoscenici dove tra gare
di tammorre, puti-pu ed esecuzioni strumentali, piroettano ballerini di ogni età.
Le esecuzioni tipiche delle “Paranze” sul palco presentano figure caratteristiche
legate ad una fede popolare e festaiola. Bambini che sembrano già consumati
divi e cantanti popolari. Musicisti di tutti i generi dai classici a quelli che usano
materiali di riciclo, bidoni, “tielle” , pentole e pezzi di legno legati con le molle a
creare improvvisati e incredibilmente efficaci strumenti.
In un angolo, chiudono la festa, un gruppo di musicisti Provenzali che,
con strani strumenti a forma di pentoloni, eseguono musiche dolcissime,
ispirando le danze qui fotografate e restituendo tutto il fascino di un tempo
incantato.
Bruno Ruffo